Il Cammino della Memoria, il mio, cioè di chi lo ha percorso e non di chi lo adopera.


Estate 2014 - Dallo Stelvio al mare in 54 tappe.            Mia intervista alla partenza

Il mio primo "trek della memoria" che ricordo è dei primi anni 60. Dal piazzale Lozze fino alla Chiesetta e al Rifugio Cecchin, prospicienti l'Ortigara, con mio padre. Da allora è passato oltre mezzo secolo (e mi pare impossibile) eppure mi ritrovo ancora a percorrere trincee talora integre, qualche volta malamente ripristinate, spesso in completo abbandono.

Dopo tanti anni i ricordi lasciano lo spazio alla razionalità; ma non pelosa. Tanti sono diventati "Guerrafondai" o "Guerramici" o "Guerrasfruttatori", specie negli ultimi anni, nei quali molti stanno fiutando un ritorno economico collegato al Centenario dell'epico evento. Io faccio parte della "Vecchia Guardia".

Mio nonno Giacomo è caduto l'8 giugno 1917 presso quota 144 (Doberdò del Lago, Gorizia), suo cognato Dante (mio prozio, tre volte decorato e promosso in S.p.e. per meriti di guerra) cadde in Albania 3 anni più tardi e suo figlio (mio zio) in Etiopia nel 1936. Mio padre è tornato dall'Albania "solo" con la "Croce di Guerra" servendo, come Tenete Medico  presso la 70° cp. del  battaglione Gemona, il Prozio Gioacchino decorato con medaglia d'argento come ufficiale nel Btg. Tirano attorno al Monte Nero e il Nonno materno Gino decorato con medaglia di bronzo, prese parte al primo assalto del Colle di Sant'Elia (ex Cimitero della III armata) come sottotenente della Brigata Marche (poi richiamato in servizio anche nella II Guerra Mondiale).

Quindi prima di tutto l'onore ai caduti. Secondo gravoso impegno è quello di tramandarne il ricordo in maniera efficace e non patetica e quantomeno "pelosa".
Quando mi fu proposto di percorrere il cammino lungo il fronte della Prima Guerra Mondiale era come sfondare una porta aperta. Nonostante l'impegno richiesto e l'alea, che sempre soggiace a percorrenze così lunghe, aderivo entusiasticamente all'idea.
Non ho mai sottovalutato le difficoltà fisiche ma non trascurando anche quelle tecniche. Anni di esperienza mi hanno portato a maturare la conoscenza di me stesso ma ciò non mi assicurava che avrei tenuto fino alla fine.

Nonostante l'età non più verde, ho avuto l'orgoglio di portare il ricordo della famiglia, nell'ultima tappa (nota1), sulla modesta elevazione di quota 144 dove il mio omonimo nonno è caduto, fu sepolto e dove il corpo andò disperso.

mio nonno: Giacomo Bornancini +8 giugno 1917


(Nota1): Il progetto iniziale prevedeva che questa fosse l'ultima tappa terminando il fronte a Duino. L'ufficialità della conclusione ha determinato lo spostamento di tale fine a Trieste dove, però, il Fronte non giunse mai (ci fu solo lo sbarco al molo Audace il 4 novembre del 1918).



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by Giacomo Bornancini 15/01/2015